“Circe”, di Madeline Miller: recensione.

Titolo: Circe.
Autrice: Madeline Miller.
Feltrinelli Editore.
Ho acquistato questo volume con la promozione 2 tascabili per 9,90 euro, la mia edizione conta 412 pagine.

Dalla quarta di copertina: «Ci sembra di sapere tutto della storia di Circe, la maga raccontata da Omero, che ama Odisseo e trasforma i suoi compagni in maiali. Eppure esistono un prima e un dopo nella vita di questa figura, che ne fanno uno dei personaggi femminili più fascinosi e complessi della tradizione classica. Circe è figlia di Elios, dio del sole, e della ninfa Perseide, ma è tanto diversa dai genitori e dai fratelli divini: ha un aspetto fosco, un carattere difficile, un temperamento indipendente; è perfino sensibile al dolore del mondo e preferisce la compagnia dei mortali a quella degli dei. Quando, a causa di queste sue eccentricità, finisce esiliata sull’isola di Eea, non si perde d’animo, studia le virtù delle piante, impara a addomesticare le bestie selvatiche, affine le arti magiche. Ma Circe è soprattutto un donna di passioni: amore, amicizia, rivalità, paura, rabbia, nostalgia accompagnano gli incontri che le riserva il destino – con l’ingegnoso Dedalo, con il mostruoso Minotauro, con la feroce Scilla, con la tragica Medea, con l’astuto Odisseo, naturalmente, e infine con la misteriosa Penelope. Finché – non più solo maga, ma anche amante e madre – dovrà armarsi contro le ostilità dell’Olimpo e scegliere, una volta per tutta, se appartenere al mondo degli dèi, dov’è nata, o a quello dei mortali, che ha imparato ad amare. Poggiando su una solida conoscenza delle fonti e su una profonda comprensione dello spirito greco, Madeline Miller fa rivivere una delle figure più conturbanti del mito e ci regala uno sguardo originale sulle grandi storia dell’antichità.»

Ero molto curiosa di scoprire “Circe”, libro osannato da blogger, bookstagrammer e appassionati di libri a vario titolo. Tra le blogger che seguo abitualmente, sembrava essere diventato un nuovo tormentone. I complimenti si sono sprecati.

E poi, diciamocelo: posso io resistere a qualcosa che cerca di avvicinare il lettore contemporaneo al mondo classico? Certo che no, non scherziamo!

Ve lo dico subito, cari lettori: “Circe” mi ha delusa. Molto delusa.

Salvo alcuni dettagli e frasi che mi hanno colpita perché capaci di ispirare riflessioni molto interessanti, ma per il resto non vedo né il libro migliore degli ultimi anni, né un capolavoro, né bla bla bla.

Cosa non mi ha convinta? Se avessi letto questo romanzo senza conoscere nessuna recensione e opinione sul suo conto, probabilmente lo avrei considerato solo una lettura d’evasione senza grandi pretese e lo avrei apprezzato in quanto tale. Ma tutti si ostinano a parlare di rivisitazione femminista dei miti greci, del romanzo che riscopre un’eroina della Grecia classica per esplorare a pieno la sua interiorità in modo moderno e coinvolgente…

Rivisitazione femminista e mitologia greca: sono due espressioni che non possono coesistere nella stessa frase. Ripeto, NON possono coesistere. La Grecia classica era misogina oltre ogni dire. Vi rendete conto che state parlando di una civiltà che ha raggiunto il suo apice due millenni e mezzo fa e che era solita tenere chiuse le donne nei ginecei e impedire loro anche di andare al mercato da sole per salvaguardare l’immagine di mariti e padri? Parliamo della terra in cui chi nutriva maggior considerazione per la donna erano gli spartani. Sì, gli spartani, quelli di Trecento, che buttavano i neonati malaticci, deformi o indesiderati giù dalla Rupe Tarpea. Sapete perché le apprezzavano? Perché partorivano guerrieri.

Vi sembra possibile una rivisitazione femminista di un mondo come quello, in nome di Zeus lungisaettante?! È chiaro che è un’operazione commerciale approntata per le lettrici insoddisfatte di oggi e un clamoroso falso storico.

Signora Miller, con tutta la buona volontà… rivisitazione femminista? Nella Grecia antica? Vede che esagerare con la moussaka a Ferragosto non fa bene? Io gliel’avevo detto!

È inutile che poi si insista tanto con il dottorato in Lettere classiche dell’autrice e sulla forte e solida conoscenza delle fonti e la profonda comprensione dello spirito greco, perché già questo punto vanifica qualunque chiacchiera promozionale.

Se i miei professori del liceo e dell’università avessero letto una cosa simile scritta da una di noi studentesse, ci avrebbe prese a colpi di cratere sulle rotule, cribbio.

A parte poche frasi degne di nota, non posso nemmeno dire che “Circe” offra l’occasione per riflettere sui problemi del nostro tempo da un punto di vista diverso. Non si pone nemmeno l’intento di essere un’opera che parla dell’oggi, perché si presenta come un retelling del mito di Circe, quindi ciccia. Non attiene né al mondo greco, né al mondo nostro. È un pout-pourri che vanifica le caratteristiche di entrambe le scelte.

Mi permetto una piccola digressione per chi tra voi, cari lettori, non ha avuto il piacere di studiare con metodo la mitologia greca.

Per dirla con i miei prof. del liceo, la mitologia greca è bellissima, è appassionante e meravigliosa, ma è soprattutto un caos infernale. I miti non sono come la Bibbia o un testo giuridico. Non c’è un testo unico di riferimento cui tutti riconoscono il valore di verità assoluta. E dove sarebbe il divertimento? Ah! La mitologia è costituita da decine, centinaia di miti, che riguardano personaggi ben definiti,le cui vicende spesso mutano anche in modo viscerale da un racconto all’altro.

Un esempio banale. Chi è Afrodite? La dea dell’amore e della bellezza. E da dove è arrivata? Dalla spuma del mare Egeo fecondata dal membro virile di Urano, evirato da Crono. Questo secondo la Teogonia di Esiodo. Secondo altri miti, Afrodite è nata da Zeus e Dione. E ci sono altri miti ancora. Secondo uno, sarebbe stata fecondata da Zeus e divenne così madre di Priapo. Secondo qualcun altro, Priapo è frutto suo e di Adone.

Ecco, capite che la mitologia greca è qualcosa come un dialetto italiano. C’è un accento, una cadenza che distingue una regione dalle altre, ma il dialetto vero e proprio cambia da città a città, da paese a paese, a volte anche da un caseggiato all’altro: così il mito.

Il punto fondamentale non erano i fatti esatti, ma il cuore della divinità / eroe / umano. Gli avvenimenti potevano cambiare, ma non le caratteristiche con cui il protagonista era riconosciuto. Odisseo era sempre astuto: non si è mai visto e mai si vedrà un Odisseo stupido che prepara un viaggio riempiendo otri bucati! Achille è e sarà sempre uno strafigo della testa calda e non c’è retelling che possa renderlo un mite e ragionevole uomo di mezza età. No, no, no!

Cosa vediamo invece in “Circe”? Proprio il tradimento del cuore del personaggio. Ora, io capisco che questa faccenda del femminismo fa vendere, che dipingere le donne come perfette fa vendere e tutti gli uomini come cattivi e stupidi fa vendere (tranne la creatura sua, per carità, lui è solo bravo bello e buono), ma allora inventiamoci dei personaggi nuovi di zecca e trattiamoli un po’ come vogliamo, senza scomodare miti che parlano al cuore delle persone da migliaia di anni.

Voi vi digerireste un Romeo che asseconda il Montecchi e sta lontano da Giulietta? No che non lo digerireste! E vi andrebbe bene una Giulietta che si sposa Paride senza battere ciglio? No e ancora no! È un tradimento del cuore del personaggio, di personaggi che per la loro fortuna e universalità potremmo addirittura considerare come parte dell’inconscio collettivo, quasi archetipi.

Di più: trattandosi di componenti del patrimonio culturale, artistico e religioso umano, hanno subito un’evoluzione e una stratificazione che li rende molto più complessi e vivi di quanto possiamo immaginare vedendo certi schemini da scuola elementare con Apollo dio del sole e Artemide dea della luna.

Vi prendo un esempio banale con l’appena citato Apollo. Apollo veniva invocato (accade anche nei poemi omerici) per scatenare malattia e pestilenza sui propri nemici. E indovinate un po’? Come Apollo scagliava le frecce per distribuire la malattia, allo stesso modo lo si poteva supplicare di usare le sue frecce per guarire, perché nel tempo gli è stato attribuito il controllo anche sulla salute e non solo sulla malattia. Capite? Sono personaggi cresciuti insieme all’umanità che li venerava.

In “Circe” non ho trovato questa complessità. Ho visto piuttosto un uniformare i miti in un livellamento troppo rigido per chi conosce seriamente la mitologia tradendo il cuore di questi dei ed eroi per adeguarli a un sentire moderno per loro impossibile e del tutto fuori luogo.

Non ho avvertito come credibile il grande cambiamento di Circe, che parte come figlia di questa civiltà e a un certo momento si trasforma in una perfetta figlia del XXI secolo. Non ho trovato la maturazione o una riflessione che potrebbe averla portata a questo sentire. Ho trovato solo un volerla giustificare a tutti i costi per le sue nefandezze adducendo le varie scuse del bullismo familiare, della solitudine, dell’essere incompresa eccetera.

Quindi siamo tutti giustificati a trasformare il prossimo in un animale che mangeremo a cena, a sentire questa visione del mondo. Okay… signor Hannibal Lecter, cosa pensa di questa lettura? Le sfagiola? La manda in brodo di giuggiole, addirittura!

Le altre mie obiezioni al “femminismo” di Circe riguardano altri aspetti del romanzo. Partiamo dal punto per cui lei vive sempre in funzione di un uomo. È così, l’avete notato? Prima smania per le attenzioni del padre (che con migliaia di figli, nipoti, cugini e ninfe assortite intorno, non posso nemmeno immaginare che vita allucinante debba vivere); poi vuole a tutti i costi incontrare Prometeo; dopo di lui c’è il marinaio, poi Dedalo, Ermes, Odisseo, Telemaco e Telegono…

Alla faccia del femminismo. Circe continua a vedere le sue giornate in funzione degli uomini. Che si tratti di amarli e compiacerli o di temerli e difendersi da loro, loro restano il fulcro dei suoi pensieri. Vediamo ben pochi pensieri che riguardano lei in quanto persona autonoma e indipendente.

L’altra critica riguarda il trattamento che riserva alle altre dee e agli dei: anche qui è palese che questa è una rivisitazione femminista più o meno come il mio pavimento può essere la rivisitazione femminista del Partenone.

Non vedete l’attinenza? Bravi. È perché non c’è.

Circe distingue tra figli e figliastri, quando ha ospiti. Per i maschietti ha sempre un occhio di riguardo, per le femminucce… sì, ha un’attenzione speciale anche per loro, ma ben negativa. Riserva estremo disprezzo alle divinità minori e ninfe che vengono inviate a Eea per un periodo di punizione, indegne della sua compagnia. Per i maschietti almeno c’è l’opzione “Diventerai la mia cena o ti mangerò di baci?”: meglio di nulla, no?

A queste critiche, aggiungo il fatto che non ho trovato in nessun altro dei personaggi chissà quale spessore o approfondimento psicologico. La maggior parte è così e basta e rimane così (e basta), Circe cambia senza un perché. Qualche erba strana? E dire che il fatto di essere una maga, quando l’idea ancora non esisteva, poteva dare l’occasione per un’introspezione spettacolare! È il punto saliente di Circe e niente, viene fatto passare in sordine come se fosse una quisquilia come il colore dei capelli. Sei una maga! Fai cose che gli altri non possono nemmeno immaginare! E porco cribbio, non hai nemmeno un pensiero profondo su questo? “Perché io sì e gli altri no? Come dovrei usare queste capacità? Dovrei usarle, o nasconderle per il timore che mi rendano uno strumento per le ambizioni di qualcun altro? Io sono le mie capacità, o sono una persona diversa?”

Niente. Tonnellate di ottimo materiale che “Circe” snobba per le pudenda di Hermes. E va beh.

Lo stile è immediato e scorrevole. Non l’ho trovato esaltante, né elegante né innovativo, come la stragrande maggioranza dei libri contemporanei.

Io continuo a leggere queste recensione adoranti, che scovano in questo romanzo dimensioni e significati profondissimi, e non posso fare a meno di chiedermi se sono completamente cecata io.

Se è così, tanto meglio per voi, amici lettori: vuol dire che probabilmente potrete godervi questa lettura! Se non è così, fatemelo sapere: almeno potremo radunarci intorno al tè con i nostri ferri da maglia per commentare i passaggi che ci sono piaciuti di meno. Che ne dite?

Avrete capito già da soli, perché se mi leggete avete sicuramente un’intelligenza superiore alla media, che consiglio la lettura di Circe solo come lettura disimpegnata, “da ombrellone”, diremmo oggi, senza pretese e nulla di che. Un romanzo di puro intrattenimento slegato da qualunque contesto.

Io ribadisco sempre che è importante avere anche romanzi di puro intrattenimento, non fraintendetemi. Non possiamo leggere tutti i giorni “Delitto e castigo”, no? La depressione colpirebbe praticamente ogni lettore del mondo. C’è bisogno di testi rilassanti e ben vengano: non vendetemeli come capolavori, chiedo solo questo.

È una valida lettura per una persona giovane, magari un adolescente che vuole un libro che suoni più adulto di Percy Jackson e non necessita di chissà quale precisione accademica.

Se pensate di poter preparare l’esame di Lingua e letteratura greca I con l’aiuto di Circe, mi sa che state freschi. Sotto con la Teogonia e il GI, scansafatiche!

Oggi i toni sono stati più scanzonati e ironici del solito, mi perdonerete? Ogni tanto ho bisogno anch’io di una bella sghignazzata. Ci rileggiamo al prossimo articolo, ma non posso garantirvi che sarà meno ironico di questo!

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