“Trilogia del Novecento”, di Eraldo Baldini: recensione.

Titolo: “Trilogia del Novecento”.
Autore: Eraldo Baldini.
Einaudi Editore.
17 euro per 325 pagine.

Dalla quarta di copertina: Tre storie nere che raccontano il male oscuro dell’Italia del primo Novecento.

È la vigilia del Giorno dei Morti del 1906. L’apparizione di una donna con gli stivali che rivuole indietro il suo terreno basterebbe a far scappare chiunque. Maddalena no, non scappa. E avrà una storia da raccontare.

Quattro reduci della Grande Guerra salgono in montagna per lavorare a una carbonaia, e restano coinvolti in una serie di eventi inquietanti. È la terribile esperienza della trincea che spinge le loro menti a trasfigurare la realtà, o il bosco nasconde davvero un Nemico?

L’ispettore ministeriale Carlo Rambelli viene inviato nel Ravennate per indagare su una presunta epidemia di malaria. Giunto sul posto dovrà fare i conti con omertà, superstizione e squadracce fasciste. E con la strana scomparsa dei cadaveri di sette bambini.

Grazie a un’affascinante miscela che combina paure ataviche e spietati pregiudizi, Baldini ci regala tre storie magnetiche immerse in una geografia provinciale carica di mistero.

Trilogia del Novecento, Eraldo Baldini

A una persona qualunque non verrebbe mai in mente di associare la Romagna a scenari cupi e macabri, vero? Che follia! La Romagna è un posto in cui divertirsi, prendere il sole, fare il bagno, scambiare ammiccamenti con altissime turiste nordiche o con i bagnini, mangiare piadine e godersi la vita. Cosa avrà mai di tanto particolare questa “Trilogia del Novecento”?

È proprio questa la peculiarità di questa raccolta di racconti di Eraldo Baldini: gettare ombre, ombre dense, consistenti, anche un po’ appiccicose, su questa realtà felice che siamo abituati a immaginare come tipicamente romagnola.

Baldini scava, con la sua “Trilogia del Novecento”, nella storia e nella vita dei popoli. Ritrova le atmosfere degli anni precedenti e successivi alla Grande Guerra e ci trasporta in tempi fumosi e incerti con perizia impressionante. È una di quelle penne felici che sanno portarti altrove con pochi dettagli, scegliendo sempre la parola giusta che sa definire ma anche lasciare quel tanto di incertezza che ci permette di immaginare e fantasticare, arricchendo con la nostra interiorità gli spunti offerti dall’artista.

“Trilogia del Novecento” è aperta da “Nostra Signora delle patate”. Questo racconto è sconcertante. Dissacrante e tagliente, una strattonata ai veli che celano l’ipocrisia nascosta in tante persone, che si nascondono dietro un ruolo rispettabile per portare avanti la loro miseria umana nell’impunità.

Maddalena è una ragazzina che lavora nella taverna del paese per aiutare la famiglia, le cui condizioni non sono eccelse. Tornando a casa una sera, una donna le appare vicino a un campo. I dettagli del suo aspetto bastano a convincere Maddalena che non può essere la Madonna: si è mai vista la Madre di Cristo indossare stivaloni da contadina? La certezza non basta comunque a dissipare i dubbi della ragazzina sull’identità della donna. Il coinvolgimento degli adulti purtroppo non porta a nulla di buono: l’apparizione verrà attribuita alla Madonna e la costruzione di un santuario in Suo onore in un campo vicino creerà problemi fino al finale.

Se fino a questo momento potevamo nutrire qualche dubbio sul tenore di questa raccolta, attribuendo magari un intento umoristico all’autore, il finale dissipa ogni dubbio possibile. Questa non è una raccolta che può ricordare i toni più ironici di “Racconti romani” di Alberto Moravia, per intenderci. Qui si palpita, si rabbrividisce e si controlla che le ombre in casa non si avvicinino troppo.

Il secondo racconto di “Trilogia del Novecento” è “Terra di nessuno”. Qui l’atmosfera è più cupa fin dalle prime righe. Il ritorno di quattro reduci della guerra a casa non è esente da parecchi problemi, non ultimi scoppi di violenza e tensioni con i familiari, quasi fossero colpevoli di non aver vissuto gli orrori che i giovani hanno conosciuto. L’idea di uno degli amici sembra un ottimo modo per prendersi ancora un po’ di tempo tra di loro prima di un vero reinserimento nella vita civile. Trascorrere qualche mese nel bosco per lavorare in una carbonaia può aiutarli a recuperare calma e serenità, così da affrontare al meglio il mondo che li accoglie al loro ritorno.

Il bosco però non è l’ambiente idilliaco che potremmo immaginare. L’assenza del contadino che deve rifornirli di vivere e gli avvistamenti di un animale simile a un grosso lupo sono solo le prime stranezze, che porteranno a un clima di disagio crescente, dove realtà, sogno e allucinazione si confonderanno sempre di più. La terra di nessuno è anche lo spazio che divideva le trincee in guerra, dove i caduti rimanevano perché era troppo rischioso recuperare i loro corpi. Quando sono soli nel bosco, di fronte al grande nulla di una nuova terra di nessuno, capiscono di non aver mai abbandonato davvero la trincea.

A concludere “Trilogia del Novecento” è “Mal’aria”. Questo racconto mi ha trasmesso certi brividi che… no, è meglio se non ne parlo nemmeno. Se vi rovinassi la sorpresa, mi dovrei fustigare per il senso di colpa! Il modo in cui Baldini intreccia modernità, problemi tipici di queste zone dell’Emilia Romagna, superstizioni popolari, horror e giallo, storia vera e storia possibile è magistrale.

L’ispettore ministeriale Carlo Rambelli è l’ultimo protagonista di “Trilogia del Novecento” e mi è rimasto impresso per la sua concretezza. È un uomo come tanti, imperfetto, pieno di difetti e virtù, che tenta comunque di fare del suo meglio. È una persona così normale che ci sentiamo subito a casa nei suoi panni. Quando deve allontanarsi da Roma e dalla moglie per indagare su una possibile epidemia di malaria nel ravennate, non può nemmeno immaginare a cosa andrà incontro.

Superstizioni e scienza, fantasia e problemi reali, storicamente accertati, folklore e modernità: tutti questi aspetti vivono in modo felice e vivido in questa raccolta e mi hanno conquistata per la loro resa, così stridente e naturale insieme, come se un aspetto non potesse esistere senza il suo opposto, come se il contrasto fosse la ragion stessa di essere di alcuni aspetti della nostra vita.

Per chi è in cerca di brividi fetentissimi con cui dimenticare il caldo, “Trilogia del Novecento” potrebbe essere la meta perfetta. Io ho amato questi racconti e ve li consiglio con molto entusiasmo. A volte non immaginiamo neanche quanto sono ricche le nostre tradizioni, eppure sono così variegate e sorprendenti da lasciare senza parole. Un modo diverso per pensare alla Romagna e per conoscere la sua anima più antica, lontana dai servizi del telegiornale in cui ammirare turisti che si rosolano al sole o disgrazie. Una lettura consigliatissima!

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